Si suppone che tutti coloro che lavorano nell'ambito della refrigerazione e del condizionamento, sia i veri e propri frigoristi, sia coloro che si occupano della cosa in modo più marginale, siano a conoscenza del ciclo termodinamico alla base del funzionamento delle macchine che vanno ad installare. In ogni caso infatti, eventuali lacune dovrebbero essere state colmate in vista dell'esame per l'ottenimento del patentino del frigorista ed ormai compressaore, condensatore, valvola di laminazione ed evaporatore dovrebbero essere nomi ampiamente noti.
Non tutti però sanno che il ciclo frigorifero teroico, spiegato durante i corsi, nella pratica può subire parecchie modifiche, legate soprattutto al modo di effettuare la compressione. Questa infatti può essere attuata grazie a mezzi meccanici, oppure tramite sistemi a compressione dinamica (eiettori), oppure sfruttando alcune proprietà chimico-fisiche dei fluidi (assorbimento). In articoli precedenti abbiamo già parlato approfonditamente dei primi e degli ultimi, ma non ci siamo mai concentrati sui secondi, che andremo oggi ad approfondire.
Ad una prima occhiata, il funzionamento di queste macchine può sembrare più complesso rispetto a quelle classiche, in quanto il sistema è costituito da due circuiti: uno di alimentazione (primario) ed uno che rappresenta il vero è proprio ciclo di refrigerazione (secondario). Nel primo, una parte del refrigerante, spillato allo stato liquido all'uscita del condensatore, viene riscaldata, in modo da farla evaporare, ed inviata nell'eiettore. Qui, il vapore espande in un ugello, acquistando velocità e diminuendo la sua pressione fino a valori particolarmente bassi. Tale variazione “risucchia” il fluido in uscita dall’evaporatore, che si miscela a quello già presente nell'ugello e che viene trascinato all'interno di un diffusore. Qui l'elevata velocità permette di recuperare pressione, comprimendo il fluido fino ai valori ottimali, per inviarlo poi al condensatore. Da qui il ciclo frigorifero continua come negli apparecchi più comuni, anche se una piccola parte di fluido viene, come accennato in precedenza, spillata all'uscita del condensatore a mezzo di una pompa, per essere poi riscaldata ed inviata nuovamente nell'eiettore.
Questo metodo ha il vantaggio di permettere l'utilizzo di energia termica a media temperatura e di richiedere energia meccanica solo per la pompa del circuito primario. Inoltre non presenta parti in movimento ed è in grado di comprimere senza problemi anche fluidi bifasici.
Allo stesso tempo però, le trasformazioni altamente irreversibili che lo caratterizzano non permettono di ottenere elevati rendimenti di compressione, mentre la necessita' di condensare il fluido del circuito primario oltre a quello che percorre il ciclo frigorifero, comporta la realizzazione di condensatori molto grandi. Tutto questo fa sì che il COP caratteristico del ciclo sia più basso rispetto a quello degli altri cicli frigoriferi.
Si tratta comunque di una soluzione intertessante in presenza di abbondante calore di scarto, il quale può essere utilizzato per riscaldare il fluido ed ottimizzare le prestazioni del sistema. Per questo motivo tali applicazioni possono essere trovate nelle aziende del settore alimentare dove sono presenti lavorazioni ad alta temperatura o nella trigenerazione.
L’applicazione più promettente di questa tecnologia è però all’interno di un sistema ibrido, in combinazione con un normale compressore meccanico, dove come fluido refrigerante viene impiegata la CO2. La presenza degli eiettori permette infatti di ridurre il carico di lavoro di quest’ultimo, migliorandone l’efficienza anche del 30% e rendendo l’idea particolarmente allettante dal punto di vista economico.
Ing. Alfero Daniele
Collaboratore tecnico
Professional Team