Scarico condensa. Che si parli di caldaia o condizionatore, queste due parole generano sempre un piccolo brivido nell’installatore, che spesso si trova ad affrontare situazioni non proprio ottimali in termini di spazio e posizione degli apparecchi. E, proprio a causa di queste difficoltà, le soluzioni trovate in questo ambito sono sempre molto ingegnose e spesso, ci fanno sorridere (o mettere le mani nei capelli).
Ma attenzione! Come tutti ben sapete, la condensa del condizionatore e quella della caldaia non sono certo la stessa cosa.
Nel primo caso la condensa viene a formarsi in corrispondenza delle tubazioni più fredde. Questo accade per un semplice fenomeno fisico, ovvero il passaggio dallo stato di vapore allo stato liquido dell'acqua (umidità) presente nell'aria che lambisce la batteria dello split o della moto condensante. Il vapore acqueo infatti, che si trova normalmente disperso nell’aria allo stato gassoso, entrando a contatto con una tubazione a temperatura sufficientemente bassa, si raffredda e ritorna al suo stato liquido, condensando sulla superficie. Questa condensa non è altro che acqua distillata, che non ha alcun tipo di potere corrosivo, e che può essere scaricata negli scarichi domestici, in appositi recipienti, nei pluviali, ecc...
Nel caso di una caldaia, invece, la composizione della condensa è leggermente diversa. Se infatti il fenomeno fisico alla base della sua formazione è esattamente lo stesso (il vapore acqueo viene a contatto con la tubazione di acqua fredda e, cedendo il suo calore, ritorna allo stato liquido), l’ambiente in cui avviene il passaggio di stato è completamente diverso. Bruciando, infatti, il combustibile subisce una trasformazione chimica che termina con la produzione, oltre ad altre sostanze, di anidride carbonica. Quando il vapore acque condensa parte dell’anidride carbonica, per sua natura molto acida, si “mescola” all’acqua, abbassando il valore di pH di quest’ultima fino a circa 3,5. In questo caso il liquido che ne deriva risulta essere corrosivo e va quindi trattato con criteri più stringenti.
Inutile dire che scaricare nel pluviale nel pluviale questo tipo di condensa, rischia, nel lungo periodo, di creare danni alla tubazione e successivamente all’edificio, senza considerare l’inquinamento del terreno dove finisce il fluido al termine della sua corsa. E installando un neutralizzaore? In questo caso gli effetti legati all’acidità del fluido risultano mitigati. Tuttavia questo tipo di installazione non rispetta i requisiti della norma né in termini di materiali, né in termini di sicurezza dell’ambiente.
In questo caso infatti, l’unica soluzione corretta è lo scarico in fogna, ma anche in questo caso con le dovute cautele: l’acidità risulta comunque un rischio per tubazioni e materiali, ed è quindi necessaria la neutralizzazione. Vediamo come farla.
Come egregiamente spiegato all’interno della UNI 7129:2015 i reflui domestici hanno due particolari caratteristiche: possiedono una notevole basicità ed hanno la capacità di formare nelle condutture un deposito con proprietà tampone rispetto agli acidi. Miscelandoli quindi, nelle giuste quantità, alla condensa di una caldaia, sono in grado di neutralizzare l’acidità di quest’ultima. Resta però da definire quale sia la “giusta quantità”.
Anche in questo caso la norma viene in nostro soccorso spiegandoci che il massimo quantitativo di condensa producibile, per esempio, da un generatore a gas naturale con portata termica 24 kW, è pari a 30,7 l/giorno, da compararsi con una produzione media giornaliera di refluo domestico di circa 180 l/giorno pro-capite. Dai valori appena enunciati si deduce che, mediamente, nelle acque reflue di una abitazione privata sono contenute molte più basi di quelle necessarie per la neutralizzazione dell'acidità delle condense e che quindi è possibile immettere quest’ultima direttamente nella fognatura, miscelandola agli altri scarichi domestici.
Attenzione però, perché non tutte le costruzioni sono adibite ad abitazione, essendo possibile la presenza di uffici e locali commerciali. Se quindi la caldaia viene installata in unità ad uso non abitativo, ma inserite in edifici prevalentemente destinati a questo scopo (ad es. negozi inseriti in condomini), non si rende necessaria l’installazione del neutralizzatore, che invece diventa obbligatoria per lo stesso tipo di unità inserite all’interno di edifici non destinati ad uso abitativo ed il cui numero di utenti sia inferiore a 10 persone.
Per gli impianti di dimensione superiore ai 35 kW la questione è invece regolata dalla norma UNI 11528. Anche se le considerazioni più generali rimangono le stesse, in questi casi ci troviamo in presenza di caldaie più potenti e la cui produzione di condensa acida rischia di essere decisamente maggiore di quella neutralizzabile a mezzo dei reflui domestici. Proprio per questo motivo, per gli impianti di portata termica nominale maggiore di 200 kW è obbligatorio neutralizzare le condense, mentre per gli impianti di portata termica nominale compresi tra 35 kW e 200 kW si rende necessario procedere alla valutazione secondo quanto stabilito dalla norma UNI 11528. Sul documento viene infatti riportata una tabella che semplifica la valutazione per l’installazione del neutralizzatore di condensa, considerandone la necessità in base alla potenza del generatore e al numero di appartamenti o di utenti.
Concludiamo ricordando che, indipendentemente dalle dimensioni dell’impianto e dal numero di persone che lo utilizzano, in tutti i casi in cui le condense non vengono scaricate insieme alle acque reflue, è necessaria l'installazione di un neutralizzatore che garantisca il rispetto dei parametri previsti dalla legislazione vigente, riportando i valori di pH intorno al 6.
Ing. Alfero Daniele
Professional Team
Collaboratore Tecnico