IMPIANTI VMC: APRROFONDIMENTI...

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Un sistema VMC (Ventilazione Meccanica Controllata) è un impianto mediante il quale viene garantito un continuo ricambio dell’aria (immissione e/o estrazione forzata) all’interno di un edificio o di singoli locali, controllandone la qualità e le carattersitiche. Questa soluzione risulta quindi molto utile dove si possono individuare problemi di salubrità degli ambienti, ma anche e soprattutto nei casi in cui sia necessario controllare temperatura ed umidità dell’aria in ingresso, come ad esempio nelle case passive e negli edifici ad energia quasi zero. Ed è proprio grazie a queste ultime applicazioni ed agli obblighi di legge relativi al rendimento degli edifici, che questi sistemi stanno diventando sempre più comuni e diffusi in tutti i settori edilizi. È quindi opportuno dare un’occhiata più da vicino a questa tecnologia, in modo da scoprirne qualcosa di più.


Prima di tutto bisogna dire che esistono due macro sistemi di ventilazione, distinti in base al tipo di unità, a singolo flusso o a doppio flusso, che vengono utilizzate nella realizzazione dell’impianto.


Il primo caso, ovvero quello dei sistemi VMC a singolo flusso, è quello più semplice: la ventilazione forzata viene affidata a un’unità che provvede a immettere o estrarre aria, mentre per l’operazione opposta (fuoriuscita o immissione) si utilizzano appositi elementi (statici, autoregolanti o igroregolanti), che possono essere applicati direttamente sui telai dei serramenti o sui cassonetti degli avvolgibili. Si tratta di una soluzione che presenta diversi punti dolenti, permettendo uno scarso recupero energetico, una maggiore portata d’aria per far funzionare al meglio il sistema e in conseguenza una maggiore richiesta di potenza. Di contro ha il vantaggio di avere un costo iniziale relativamente basso e di avere canali più compatti e meno voluminosi.


Gli impianti VMC a doppio flusso differiscono da quelli a singolo flusso per il fatto che viene installata un’unità di ventilazione completa di sistema di recupero di calore, che gestisce l’immissione e la ripresa d’aria dai singoli locali. Il sistema è applicabile sia in abitazioni singole, sia in grandi complessi residenziali, dove può essere conveniente predisporre un impianto di ventilazione centralizzato (che consente di abbattere i costi di installazione e manutenzione) costituito da una sola grande macchina, mentre gli appartamenti vengono equipaggiati di recuperatori di calore di tipo “passivo”, provvisti di scambiatore di calore, ma senza ventilatori. In questo caso, rispetto alla possibilità precedentemente prospettata, il grandissimo vantaggio è quello di poter recuperare gran parte dell’energia termica richiesta per il mantenimento delle condizioni interne, scambiando calore tra l’aria di mandata e l’aria estratta. Ovviamente il costo del sistema lievita notevolmente.


Tuttavia non è spesso sufficiente fare riferimento alle sole due categorie impiantistiche appena presentata. Soprattutto nei casi di riqualificazione degli edifici infatti, risulta spesso difficile o tecnicamente impossibile l’adozione degli impianti VMC descritti in precedenza a causa della mancanza degli spazi tecnici necessari per la realizzazione delle canalizzazioni, l’impossibilità di sostituire i serramenti, ecc. In questi casi è possibile utilizzare dei sistemi differenti, definiti di tipo puntuale, da collocare su pareti esterne, che garantiscono il ricambio dell’aria di un singolo locale senza lavori edili di tipo eccessivamente invasivo.


Definite le varie possibilità installative, vale sicuramente la pena dedicare parte dell’articolo al dimensionamento dell’impianto. A questo scopo, in ambito residenziale ci si può riferire alla UNI TS 11300, la quale prevede, al fine di consentire il massimo risparmio energetico, un valore di ricambio d’aria pari a 0,3 vol/h. Un valore che tuttavia può risultare insufficiente per garantire la salubrità dell’ambiente, per i più diversi motivi. In questo senso, a titolo cautelativo, può quindi risultare più che logico rispettare quanto indicato nella Legge 373/1976 e successivamente ribadito con la Legge 10/91, dove viene fissato un numero di ricambi d’aria pari a 0,50 Vol/h: il tasso ideale per una corretta diluizione degli inquinanti e per la riduzione dell’umidità all’interno degli ambienti domestici.


La portata d’aria per ogni singolo locale in cui vi è la necessità di immettere aria Q [m³/h], pertanto, sarà calcolata semplicemente moltiplicando il volume V [m³] del locale per il numero di ricambi aria n che appunto sono pari a 0,50 1/h

Q = V • n = V • 0,5

Un’ultima possibilità è quella di riferirsi alla norma UNI EN 15251 “Criteri per la progettazione dell’ambiente interno e per la valutazione della prestazione energetica degli edifici, in relazione alla qualità dell’aria interna, all’ambiente termico, all’illuminazione e all’acustica”. Questa norma media di fatto tra i due riferimenti dati in precedenza, perseguendo la finalità di garantire un’adeguata qualità dell’aria e della vita degli ambienti interni, senza però escludere la questione energetica, che comunque deve essere garantita. Per questo motivo viene prevista la possibilità di lavorare in parzializzazione durante le ore del giorno nelle quali non vi è presenza di persone, ossia riducendo il numero di ricambi d’aria in modo tale da ridurre il fabbisogno di energia e poter rispettare i dettami della UNI TS 11300, ossia gli 0,30 Vol/h intesi come media giornaliera.


Come sempre accade, più di tutto farà però l’esperienza che, con il passare degli anni ed il probabile consolidamento e sviluppo della tecnologie, permetterà di individuare e raggiungere il giusto punto di incontro tra efficienza e comfort.


Ing. Alfero Daniele
Collaboratore Tecnico
Professional Team