La Dichiarazione di Conformità di un impianto (impianti di riscaldamento, impianti di adduzione del gas, canne fumarie, ma anche impianti elettrici, idrici, ecc) è un documento obbligatorio ormai da diversi anni, così come indicato dall’art. 7 del D.M. 37/2008.
Si tratta, riassumendo brevemente a beneficio dei non addetti ai lavori, di una relazione che raccoglie tutti i dati relativi al lavoro svolto ed ha, tra i vari scopi, sia quello di tutelare il cliente finale, sia quello di salvaguardare gli installatori da eventuali responsabilità in caso di incidenti causati da successive manomissioni. Per questo motivo, nel redigerla, è necessario essere il più precisi possibile, in modo che, in un’eventuale disputa giudiziaria, non vi siano dubbi su cosa è stato dall’installatore e cosa no. Se possibile, è consigliabile anche aggiungere delle fotografie della realizzazione (ovviamente prima di coprire eventuali tubazioni sottotraccia)!
Logica simile vale per la Dichiarazione di Rispondenza, documento compilabile per rimediare all’assenza di una dichiarazione di conformità per impianti realizzati fino al 2008 (momento in cui l’attuale obbligo redazione della Di.Co. è entrato in vigore. Questo documento è redatto a seguito di un’ispezione non invasiva dell’impianto. Questo significa che, nella pratica, alcune parti della realizzazione (ad esempio quelle poste sotto traccia) potrebbero non essere raggiungibili e sarà quindi solo l’esperienza del tecnico a permettere di comprendere se quanto in essere risulti a meno sicuro e funzionale. Per questo motivo, i professionisti che possono rilasciare la Dichiarazione di Rispondenza sono solo gli installatori che ricoprono il ruolo di responsabile tecnico da almeno 5 anni o i progettisti che risultano essere stati operativi per lo stesso periodo.
Tutto chiaro, ma, nel mondo della burocrazia sorge un dubbio più che legittimo: se questi documenti certificano la bontà del mio lavoro e/o la sicurezza di un impianto, per quanti anni devono essere conservati?
In realtà, né la legge 46/90 prima, nè il successivo D.M. 37/08 poi, precisano quanto sia il tempo di archiviazione/conservazione della Di.Co. e della Di.Ri. Tuttavia è possibile dare una risposta verificando le indicazioni di Codice Civile e Codice Penale.
Nel primo documento infatti , si precisa che la responsabilità per vizi occulti da parte dell’esecutore delle opere si estende per i 10 anni successivi alla realizzazione.
Il Codice Penale, invece, non prevede prescrizioni alla verifica delle responsabilità dell’esecutore. In questo caso però si parla di violazioni che hanno comportato incidenti gravi o mortali.
Ciò detto, poichè l’unico documento che può fare testo, per precisare la data di consegna delle opere e la descrizione delle stesse (ricordatevi che in un tribunale, senza la carta, la vostra parola non ha quasi alcun valore), è solamente la Dichiarazione di Conformità, è meglio tenere in archivio questo documento per almeno 10 anni (anche più a lungo se si ha lo spazio, magari anche solo in formato digitale). Ovviamente la copia archiviata deve essere firmata dal committente all’atto della consegna della stessa, altrimenti non ha valore in quanto nulla ne garantisce l’autenticità.
Quanto sopra non è invece richiesto per la Dichiarazione di Rispondenza, in quanto questa rappresenta una verifica di opere eseguite da altri e su cui il tecnico non ha nessuna responsabilità in termini di garanzia. Ovviamente vale la responsabilità penale nel caso in cui si certifichi un impianto che in realtà risulta pericoloso. Per questo motivo, anche in questo caso è auspicabile conservare il documento per 10 anni.