Era il 1985 quando gli scienziati si resero conto che nella stratosfera, a circa 20 chilometri di altezza sopra l’Antartide, c’era qualcosa che non andava: l’ozono presente si era fortemente degradato, fino a formare quello che poteva essere definito come un vero e proprio “buco”!
L’Ozono, come ormai noto, è un gas che si trova naturalmente nell’atmosfera e ha la funzione di proteggere la Terra dai raggi ultravioletti del sole: quindi la sua assenza era sicuramente un problema. Non nell’immediato, certo, essendo l’Antartide un territorio non popolato, ma se il “buco” fosse diventato sempre più grande…
Proprio per evitare conseguenze nefaste, era necessario agire prontamente. Dopo aver individuato la causa principale della degradazione dell’ozono nell’utilizzo di alcuni composti chimici, noti come clorofluorocarburi (CFC), utilizzati principalmente come refrigeranti, propellenti in aerosol e solventi, la diplomazia internazionale è quindi corsa ai ripari.
Nel 1987, le Nazioni Unite hanno quindi adottato il Protocollo di Montreal per la riduzione dell’utilizzo dei CFC. Questo accordo internazionale ha visto la partecipazione di 197 paesi ed è stato uno dei primi accordi ambientali ad aver avuto successo nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
E dopo più di 20 anni (che sembrano tanti, ma a livello ambientale sono praticamente una bazzecola…) arrivano le buone notizie: i dati scientifici, raccolti in un report delle Nazioni Unite, mostrano che l’ozono sta gradualmente riprendendosi! Si prevede che entro la fine del 2040, il buco si sarà completamente chiuso e che la situazione tornerà stabile entro il 2045.
Questo è un importante traguardo per la salvaguardia dell’ambiente e ha dimostrato come le normative per la salvaguardia ambientale possano dare risposte concrete ai problemi degli ultimi decenni. Tuttavia, è importante continuare a monitorare l’ozono e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra per garantire la sicurezza a lungo termine della Terra e della vita umana.